Il sandalo Snake di René Caovilla

Un paio di settimane fa sono stata intervistata da una radio di Novara, Radio Azzurra. Tema (ovviamente) la passione per le scarpe, quel sentimento a metà tra il puro amore per il bello e il feticismo un po’ patologico che ti spinge ad acquisti che una razionalità allenata ti vieterebbe, con il risultato di ritrovarti con decine di paia di scarpe indossate magari una volta sola o addirittura mai

Dopo uno spiritoso confronto sulla consistenza della reciproca scarpiera, il giornalista mi ha chiesto provocatoriamente per quale scarpa avrei potuto uccidere, premettendo che era certo di conoscere la risposta. Che invece l’ha spiazzato: lui pensava a una Louboutin mentre io, senza esitazione, ho pronunciato la parola, per me magica, “Caovilla”.

Per carità, le Louboutin sono bellissime, ma l’immagine del sandalo Snake con il suo prezioso filo che avvolge la caviglia è sempre stato per me l’emblema del lusso e dell’eleganza e quanto più quel filo è esile e minimalista (ne ho viste versioni decorate con i motivi più diversi, dalla frutta alle piume, a mio parere non sempre felici) tanto più lo trovo irresistibile. E certamente non sono l’unica ad ammirare smodatamente questo modello se è stato esposto al Moma di New York, è stato omaggiato dalla 57ma Biennale d’Arte di Venezia nell’ambito della mostra Luxus e praticamente tutte le celebrità l’hanno indossato almeno una volta nella loro carriera. Diventando così a pieno titolo anche l’emblema della maison.

 

                                                       

photo: RENÈ CAOVILLA, selected LUISAVIAROMA, www.luisaviaroma.com, image courtesy TRENDFORTREND

Ammiro Snake anche perché è protagonista di una bella storia dell’imprenditorialità italiana, quella della famiglia Caovilla, una dinastia che ha saputo negli anni evolversi senza snaturarsi facendo scelte importanti come decidere di supportare il proprio marchio anziché destinare la propria produzione esclusivamente alle grandi case di moda. Anche se i Caovilla hanno lavorato per tutti i più importanti couturier, da Dior a Chanel a Valentino, hanno inseguito pervicacemente l’orgoglio di non volersi confondere con i tanti bravi artigiani della Riviera del Brenta: loro sono sempre stati imprenditori, non semplici fornitori. Questo orgoglio mi piace, nell’Italia di oggi che si vende a pezzettini il proprio know how e le proprie imprese è confortante sapere che ci siano aziende che continuano a restare legate al territorio, che pensano al proprio lavoro come a un’arte e usano la tecnologia per migliorare il livello qualitativo delle scarpe, non per aumentare la produzione o sostituire completamente le mani dell’uomo. E infatti, nel sito della maison, si sottolinea che “la solennità” (che bella espressione!) del momento dell’assemblaggio dei pezzi che compongono una scarpa è di appannaggio dell’artigiano, esperto, attento e appassionato.Loro sono sempre stati così, dal capostipite Edoardo fino a…Edoardo, ultima generazione a cui quella intermedia, René, ha passato da poco il testimone. È stato proprio René Caovilla a dare una svolta alla produzione della maison introducendo le raffinatissime decorazioni con perline, strass e Swarovski che rendono ogni scarpa un vero e proprio gioiello.

Ed è sempre René l’inventore di Snake. L’ispirazione gli venne da un bracciale romano antico a forma di serpente conservato al Museo Archeologico di Napoli, ma quello fu solo l’inizio. Infatti bisognava studiare come conservare l’elasticità della spirale avvolta intorno alla caviglia e al polpaccio ma fare al contempo in modo che non stringesse troppo: René Caovilla ha raccontato che arrivò a rompere una sveglia per capire come funzionava la molla al suo interno. Forse non fu la sveglia a suggerire la soluzione, ma certamente questo aneddoto fa capire quanto studio debba essere unito alla creatività. E quindi, grazie anche alla sveglia, Snake decollò verso il suo destino di cult shoe.

photo di apertura: © Paolo Lanzi/IMAXtree.com